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L'impatto del COVID sull'aviazione civile

Articolo pubblicato su AirPress il 15 settembre 2020.

La contrazione della flotta commerciale in servizio è già più marcata di ogni altra precedente crisi, incluso l'11 settembre e la crisi finanziaria del 2008-2009. Agli inizi di luglio, quasi il 70% della flotta pre-COVID composta di 27.884 aerei commerciali è stato lasciato a terra. Molti di questi aerei non ritorneranno mai più in servizio

È difficile pensare di ingigantire l'impatto che la pandemia da COVID-19 sta avendo nel settore dell'aviazione commerciale. Sin dai mesi in cui la nuova variante di Coronavirus è apparsa per la prima volta, il trasporto aereo passeggeri si è fermato quasi completamente, sia a causa delle direttive di isolamento imposte dai governi, sia per la paura del contagio legato al trasporto pubblico, a cui si sono aggiunte le restrizioni imposte al traffico internazionale al fine di ridurre la rapida diffusione del contagio. In mancanza di una significativa domanda da parte dei passeggeri, le compagnie aeree in giro per il mondo stanno affrontando una notevole pressione finanziaria: tutte hanno ridotto la capacità, molte hanno già presentato un'istanza di fallimento, mentre diverse altre hanno chiuso.

Contemporaneamente la pandemia ha generato una crisi dell'economia mondiale, con indici di disoccupazione superiori al 10%. Questo determinerà una ripresa ancora più difficile per l'industria. Non ci sono precedenti che possano fornire una chiara direzione da seguire, nemmeno gli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001 o la crisi del settore che ha accompagnato quella finanziaria globale del 2008-2009. Nessuno di questi due casi ha generato una riduzione del prodotto interno lordo mondiale (né, del resto, della domanda di voli) di intensità pari a quella che ci si aspetta dal COVID. Le ultime proiezioni del Fondo Monetario Internazionale stimano una riduzione dell'economia globale di almeno cinque punti percentuali nel 2020, in contrasto con il calo dello 0,1% del 2009.

Una cosa è chiara: tutte le strade verso la ripresa iniziano dagli studi epidemiologici. Finché non capiremo cosa ci attende, non potremo pensare di ricostruire su solide fondamenta né l'economia né l'aviazione. Nello sforzo di anticipare quanto potrà succedere, Oliver Wyman ha sviluppato il "Pandemic navigator". Il modello prevede il numero di nuovi casi di Coronavirus in quasi 40 Stati, registrando l'efficacia delle misure di contenimento da parte della sanità pubblica. Combina poi questi risultati con le previsioni della crescita del PIL e con i dati storici e futuri delle prenotazioni dei viaggi aerei. Da questo Oliver Wyman genera previsioni semestrali per diversi Stati e scenari pluri-annuali per la ripresa del traffico aereo.

La nostra previsione di base riguardo il contenimento globale del virus - basata su una visione moderata riguardo ciò che l'industria può aspettarsi - ipotizza ondate multiple di contagio. In questo scenario, i ricavi globali passeggeri dal trasporto domestico di passeggeri inizieranno a riprendere nella tarda estate 2020 e raggiungeranno il 40% dei livelli pre-COVID entro la fine dell'autunno, quando si stabilizzeranno a causa dello scoppio di nuovi focolai di infezione. La crescita resterà limitata finché non sarà sviluppato e distribuito un vaccino, cosa che aspettiamo accadrà terzo trimestre del 2021, presumendo che ci sia un'accelerazione da parte degli enti regolatori. Basandoci sulla gravità delle recenti ondate in Paesi come Stati Uniti, Brasile e India, consideriamo improbabile che i ricavi del traffico domestico globale recuperino i livelli del 2019 prima della seconda metà del 2022. 

Su base globale, si prevede che il trasporto internazionale recuperi il livello raggiunto nel 2019 solo nel 2023.

Considerando il grado di incertezza di ogni previsione, abbiamo sviluppato anche due scenari alternativi, uno che prevede una risoluzione accelerata e uno prolungato. Ad oggi riteniamo altamente improbabile lo scenario accelerato, dato il fallimento nel contenimento del virus da parte di molti tra gli Stati economicamente avanzati, e dei nuovi focolai che si stanno registrando in molti Paesi che sembravano avere la situazione sotto controllo. Il terzo scenario (il peggiore) immagina una risposta epidemiologica prolungata durante la quale ci saranno diverse ondate di contagio e uno sviluppo ritardato del vaccino. Si ipotizza anche una recessione prolungata dell'economia globale. In questo scenario più che pessimistico, il virus non sarà contenuto fino alla prima metà del 2021. Il recupero sarà ancora più graduale, raggiungendo i livelli pre-COVID non prima del 2023.

La contrazione della flotta commerciale in servizio è già più marcata di ogni altra precedente crisi, incluso l'11 settembre e la crisi finanziaria del 2008-2009. Agli inizi di luglio, quasi il 70% della flotta pre-COVID composta di 27.884 aerei commerciali è stato lasciato a terra e molti di questi aerei non ritorneranno mai più in servizio. Anche i precedenti shock subiti dal settore dell'aviazione avevano condotto al pensionamento anticipato dei velivoli, ma il volume collegato al COVID sarà superiore. Mentre negli ultimi cinque anni il pensionamento degli aeromobili si è aggirato tra i 550 e i 750 aerei, ci aspettiamo di vedere circa duemila velivoli lasciare la flotta globale in modo permanente nei prossimi dodici mesi, un leggero miglioramento rispetto alle aspettative della primavera. La flotta aerea globale ha iniziato a ridursi nel mese di marzo, quando gli operatori in Cina (primo Paese costretto a sospendere le proprie attività economiche a causa del COVID-19) hanno lasciato a terra 300 velivoli. A causa della diffusione del virus in tutto il mondo, la dimensione della flotta globale si è ridotta significativamente, raggiungendo il punto più basso nel mese di aprile (12.724 aerei), ovvero il 46% della dimensione pre-COVID.

A giugno, quando le attività economiche in diversi Paesi hanno iniziato a riaprire, le compagnie aeree hanno tirato fuori dagli hangar circa duemila velivoli, affrontando gli stessi scarsi livelli di utilizzo sperimentati dalla flotta rimasta in servizio. Nonostante gli aumenti, la flotta in servizio agli inizi di luglio raggiungeva appena il 65% dei velivoli in servizio agli inizi dell'anno. Il nostro scenario-base non ipotizza un ritorno della flotta alla dimensione pre-COVID prima del 2023. Per circa un decennio prima dell'avvento del COVID-19, gli ordini presso Boeing e Airbus hanno registrato aumenti storici anno dopo anno, con la domanda di velivoli che eccedeva l'offerta. 

Il COVID-19 ha capovolto il quadro con una velocità impressionante.

Ad aprile, Boeing e Airbus hanno annunciato riduzioni della produzione che oscillano, a seconda dei modelli prodotti, tra il 30 e il 50%. Entrambe stanno affrontando centinaia di cancellazioni e rinvii nelle consegne poiché le compagnie aeree con difficoltà economiche stanno cercando di tagliare i costi. Con una domanda per nuove consegne più bassa dell'attuale produzione ridotta, prevediamo la produzione di un numero significativo di "white tail", cioè di aerei costruiti senza clienti impegnati ad acquistare. L'attuale squilibrio nella domanda e offerta porterà a un lungo periodo di tassi di produzione più bassi, forse anche inferiori a quelli attuali. In conclusione, non ci aspettiamo un ritorno ai livelli pre-COVID per quattro anni, anche per i velivoli narrow-body che prevediamo continuino a guadagnare favore sui meno flessibili e più costosi wide-body.

Data la situazione attuale e considerando lo scenario-base, la domanda globale per il segmento di manutenzione, riparazioni e revisioni (MRO) si aggirerebbe per tutto il 2020 intorno ai 50,3 miliardi di dollari, il 45% in meno rispetto alla nostra previsione precedente (circa 91,2 miliardi). Tutte le regioni del mondo, a eccezione della Cina, sperimenteranno una riduzione della spesa MRO del 40% o superiore. Contemporaneamente, i fornitori di MRO affronteranno disagi nel mercato USM (materiali utili usati), poiché i materiali di inventario di velivoli messi da parte e dismessi saranno spogliati in modo da ricavarne componenti. Tale cannibalizzazione creerà un sostanziale effetto domino in tutta la filiera dell'aviazione e sarà fondamentale per i fornitori MRO potersi assicurare fonti affidabili per i componenti usati.

Oliver Wyman prevede che le spese per componenti e materiali (usati e nuovi) per il 2020 si aggirerà intorno ai 26 miliardi di dollari, ovvero una riduzione rispetto alle stime pre-COVID (circa 60 miliardi). Gli USM rappresenteranno circa l'11% (2,8 miliardi di dollari). Nel 2019, il mercato per componenti e materiale valeva 52 miliardi di dollari, di cui circa il 9% (4,7 miliardi) era USM. L'accesso a una fonte affidabile di componenti usati, meno costosi di quelli nuove, rappresenterà un vantaggio per i fornitori MRO quando aumenterà la domanda nel settore del traffico aereo e le compagnie aeree cercheranno di tagliare i costi delle operazioni. Per questo le strategie MRO dovrebbero focalizzarsi sia sulla resilienza della catena di produzione, sia sui costi fissi, poiché devono prepararsi a un lungo periodo di ripresa. Poiché adesso la domanda e i prezzi sull'USM sono relativamente bassi, non sorprenderebbe osservare operatori sul mercato (come aziende aerospaziali) acquistare scorte al fine di ridurre i costi collegati all'acquisto di nuovi componenti.

Come risultato di questa crisi senza precedenti, le compagnie aeree sono concentrate sulla gestione delle liquidità per assicurarsi la propria sopravvivenza. Per molti, la lotta per mantenere il flusso di cassa ha significato un aumento senza precedenti del nuovo debito, in gran parte garantito dagli stessi aerei e da altre risorse. La scarsa liquidità potrebbe anche avere un impatto negativo sugli ordini già effettuati, qualora la loro consegna comportasse importanti costi per le aziende. Data la situazione in evoluzione continua, i dirigenti hanno dovuto monitorare gli indicatori della domanda ogni settimana (se non ogni giorno) per poter mantenere le previsioni e gli sforzi per dimensionare correttamente le loro operazioni in linea con le prenotazioni e le vendite dei biglietti. Per creare una struttura di costi più flessibile e variabile si osserva anche l'implementazione di modifiche ai contratti di lavoro e di strategie di budget a costo zero.

Oltre il 2020, le compagnie aeree dovranno continuare a far evolvere la propria flotta e le operazioni per meglio adattarsi ai rapidi cambiamenti della domanda. Le modifiche più significative saranno richieste ai vettori con una maggiore esposizione al traffico internazionale e business. È probabile, inoltre, che la riduzione della fornitura di nuovi velivoli modificherà la futura spesa in MRO. Per esempio, la maggior parte delle compagnie vedrà una diminuzione delle spese per la manutenzione nel breve periodo, dovuta all'utilizzo di una flotta più piccola, ma ciò sarà parzialmente bilanciato, nel corso del tempo, dai costi collegati al mantenimento di velivoli più vecchi tenuti in servizio per evitare l'acquisto di nuovi modelli. L'industria MRO è costituita da un insieme di compagnie incredibilmente diversificato, incluse alcune realtà particolarmente promettenti nel settore aerospaziale. I fornitori più grandi si sono evoluti attraverso anni di crescita e consolidamento. Il COVID-19 rappresenterà un'ulteriore sfida nella loro evoluzione, probabilmente la più significativa della loro storia. Per i numerosi fornitori MRO più piccoli, il calo della domanda e la recessione collegata alla pandemia potrebbero rappresentare una minaccia esistenziale alle loro operazioni.

In soli sette mesi la pandemia ha spazzato via una porzione sostanziale del valore dell'industria, sia per gli azionisti, sia per i bilanci contabili delle aziende. Sebbene ci vorranno anni per ricostruire, quelli che hanno reagito rapidamente per salvaguardare i capitali e per gestire costi di struttura sottostanti si ritroveranno in una posizione più forte che consentirà loro di sfruttare le nuove opportunità che la storia inevitabilmente schiuderà.