Milano Finanza: la bolletta allo sportello

La fiammata dell'inflazione e il brusco rialzo dei tassi hanno colto di sorpresa gli istituti. Nei prossimi mesi atteso un aumento del margine di interesse, ma anche maggiori costi di raccolta e un possibile deterioramento degli impieghi all'economia.

Per un decennio i banchieri italiani hanno atteso il rialzo dei tassi come una panacea miracolosa per i loro istituti, afflitti da bassa redditività, forte concorrenza e costi difficilmente aggredibili. La tempesta perfetta che si è scatenata sui mercati nell'ultima settimana ha dimostrato come le aspettative fossero un po' troppo rosee e come le sfide all'orizzonte siano impegnative. Se il rialzo dei tassi porterà certamente ossigeno al conto economico grazie alla ripresa del margine d'interesse, l'effetto rischia di essere neutralizzato dai maggiori costi di raccolta e soprattutto dal possibile deterioramento dell'attivo.

Al tema ha dedicato un recente approfondimento Oliver Wyman, la società di consulenza statunitense molto attiva in Europa e in Italia, che ha esaminato le criticità a cui oggi è esposto il sistema bancario italiano. «All'inizio di quest'anno le banche europee avevano una visione moderatamente ottimistica sull'inflazione», spiega a MF-Milano Finanza Emiliano Carchen, principal di Oliver Wyman e co-autore dell'analisi. «Avendo alle spalle anni di tassi negativi e di margini d'interesse risicati, l'attenzione era concentrata sugli aspetti positivi del cambiamento, dando per scontato che il rialzo dei prezzi sarebbe stato progressivo, in uno scenario economico di crescita e con politiche monetarie complessivamente accomodanti.

Una serie di eventi imprevisti, a partire dal conflitto in Ucraina, hanno però bruscamente cambiato questo scenario e oggi possiamo dire che la fase inflattiva soft è alle spalle. Non solo in Europa l'inflazione ha superato il livello critico del 5%, ma il fenomeno non può più essere considerato tecnico e temporaneo», spiega Carchen.

Quali i possibili effetti per le banche? Chiaramente gli istituti di credito del sud Europa potranno rimettere in discussione le previsioni di inizio anno (sulle quali peraltro erano stati costruiti ambiziosi piani industriali) e nei prossimi mesi potrebbero assistere a un progressivo processo di divergenza nelle loro performance e scelte strategiche. Le realtà meno attrezzate e più fragili potrebbero infatti incontrare crescenti difficoltà nell'affrontare una fase di inflazione hard o perfino di stagflazione, che potrebbe impattare pesantemente sulla redditività e sul modello di business. Quali saranno le aree più critiche?

Almeno tre. In primo luogo il costo del funding, che oggi sta salendo e richiederà alle banche un drastico cambio di strategia, specie nel rapporto con la clientela. Se da un lato raccogliere liquidità è diventato più oneroso, soprattutto per gli istituti medio-piccoli, dall'altro lato scaricare tali costi sui depositi rischia di allontanare la clientela in un periodo in cui la concorrenza dei nuovi player, come le banche digitali, è forte. In secondo luogo c'è il problema del portafoglio dei titoli governativi. Per gran parte degli istituti del Sud Europa negli ultimi tre anni lo stock di tali titoli è cresciuto, ne è aumentata la duration ed è diventato molto meno dinamico. Nei prossimi anni questo portafoglio sarà meno profittevole che in passato e, anche se le minusvalenze sui titoli di stato non avranno effetti sui profitti (visto che gran parte dei titoli sono valutati al costo ammortizzato o al fair value ma senza impatto a conto economico), non potrà comunque essere facilmente movimentato vista la lunghezza delle scadenze. Occorre comunque osservare che alcuni istituti come Banco Bpm e Credem classificano l'ampia maggioranza dell'esposizione governativa a costo ammortizzato, riducendo notevolmente gli impatti sul capitale dalla volatilità dello spread. In terzo luogo c'è il problema della qualità del credito. In una situazione di forte instabilità per alcuni pezzi della catena produttiva, le banche italiane (che pure sono molto più solide e pulite che in passato) dovranno muoversi con estrema cautela per tenere sotto controllo il costo del rischio. «Questi tre problemi», spiega Carchen, «andranno governati con grande tempismo per evitare poi soluzioni di emergenza».

Quali saranno gli effetti di queste scelte strategiche sui modelli di business? L'enfasi data negli anni scorsi sulle commissioni da risparmio verrà ridimensionata. Del resto già oggi molti istituti non hanno grandi margini di crescita in questo ambito, specie in assenza di fabbriche interne e con una rete già efficiente. «Semmai l'attenzione si sposterà sul margine d'interesse. Le banche dovranno dimostrare al mercato di essere in grado di riprezzare e incrementare il portafoglio crediti senza comprometterne la resilienza. Questa sarà probabilmente la sfida industriale maggiore dei prossimi anni», conclude Carchen.

 

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